DECRETO LEGGE N. 104 DEL 14.08.2020 – DECRETO “AGOSTO” – LAVORO
Circolare n. 18 del 03.09.2020
Decreto “Agosto”: prime indicazioni INPS sulla gestione delle nuove domande di CIGO,
CIG in deroga, assegno ordinario e CISOA:
Trattamenti d’integrazione salariale ordinari e in deroga e assegno ordinario è rideterminato il periodo dei trattamenti d’integrazione salariale, ordinari e in deroga, e dell’assegno ordinario richiedibili, nel secondo semestre 2020, dai datori di lavoro che hanno dovuto sospendere o ridurre l’attività produttiva per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19.
Approfondimenti
A seguito delle modifiche introdotte, il quadro dei trattamenti cui i datori di lavoro possono accedere fino al termine del corrente anno è riassumibile come segue: le aziende che, nell’anno 2020, sospendono o riducono l’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza da COVID-19, possono richiedere la concessione dei trattamenti di integrazione salariale (ordinari o in deroga) o dell’assegno ordinario per una durata massima di nove settimane, per periodi decorrenti dal 13 luglio 2020 al 31 dicembre 2020, incrementate di ulteriori nove settimane, nel medesimo arco temporale, per i soli datori di lavoro ai quali sia stato già interamente autorizzato il precedente periodo di nove settimane e purché sia integralmente decorso detto periodo.
Attenzione
La durata massima dei trattamenti cumulativamente riconosciuti non può, in ogni caso, superare le 18 settimane complessive.
Riguardo all’articolazione delle nuove settimane di trattamenti, il D.L. n. 104/2020 ripropone, per tutte e tre le principali categorie di trattamenti (CIGO, CIGD e assegno ordinario) con causale “emergenza COVID-19”, il meccanismo dell’invio di due domande distinte per chiedere l’intervento di sostegno al reddito.
Mentre il primo periodo di 9 settimane non prevede alcuna specifica condizione, il ricorso alle ulteriori 9 settimane è, invece, collegato alla verifica del fatturato delle aziende richiedenti. A tal fine, la norma prevede un raffronto tra il fatturato del primo semestre 2020 e quello del corrispondente periodo del 2019, che può far sorgere in capo all’azienda l’obbligo del versamento di un contributo addizionale – da calcolarsi sulla retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate durante la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa – determinato secondo le misure che seguono:
- aliquota del 18% per i datori di lavoro che non hanno avuto alcuna riduzione del fatturato nel
raffronto tra il primo semestre 2020 e il primo semestre 2019;
- aliquota del 9% per i datori di lavoro che, nel primo semestre 2020, hanno subito una riduzione
del fatturato inferiore al 20% rispetto a quello del corrispondente semestre del 2019;
- nessun contributo addizionale per i datori di lavoro che hanno subito una riduzione del fatturato pari o superiore al 20% o hanno avviato l’attività di impresa successivamente al 1° gennaio
2019; conseguentemente, gli stessi potranno accedere alle ulteriori nove settimane di trattamenti senza dover sostenere alcun onere aggiuntivo.
Esonero dal versamento dei contributi previdenziali per aziende che
non richiedono trattamenti di cassa integrazione
- In via eccezionale, al fine di fronteggiare l’emergenza da COVID-19, ai datori di lavoro privati, con esclusione del settore agricolo, che non richiedono i trattamenti di cui all’articolo 1 del presente decreto e che abbiano gia’ fruito, nei mesi di maggio e giugno 2020, dei trattamenti di integrazione salariale, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, e’ riconosciuto l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico, per un periodo massimo di quattro mesi, fruibili entro il 31 dicembre 2020, nei limiti del doppio delle ore di integrazione salariale gia’ fruite nei predetti mesi di maggio e giugno 2020, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, riparametrato e applicato su base mensile.
L’esonero di cui al presente articolo puo’ essere riconosciuto anche ai datori di lavoro che hanno richiesto periodi di integrazione salariale ai sensi del predetto decreto-legge n. 18 del 2020, collocati, anche parzialmente, in periodi successivi al 12 luglio 2020.
- Al datore di lavoro che abbia beneficiato dell’esonero di cui al comma 1, si applicano i divieti di cui all’articolo 14 del presente decreto.
- La violazione delle disposizioni di cui al comma 2 comporta la revoca dall’esonero contributivo concesso ai sensi del comma 1 del presente decreto con efficacia retroattiva e l’impossibilita’ di presentare domanda di integrazione salariale ai sensi dell’articolo
- L’esonero di cui al presente articolo e’ cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente, nei limiti della contribuzione previdenziale dovuta.
Esonero dal versamento dei contributi previdenziali
per assunzioni a tempo indeterminato
- Fino al 31 dicembre 2020, ai datori, con esclusione del settore agricolo, che assumono, successivamente all’entrata in vigore del presente decreto, lavoratori subordinati a tempo indeterminato, con esclusione dei contratti di apprendistato e dei contratti di lavoro
domestico, e’ riconosciuto, ai sensi del comma 4 e ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, l’esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico, per un periodo massimo di sei mesi decorrenti dall’assunzione, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, nel limite massimo di un importo di esonero pari a 8.060 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile.
- Dall’esonero sono esclusi i lavoratori che abbiano avuto un contratto a tempo indeterminato nei sei mesi precedenti all’assunzione presso la medesima impresa.
- L’esonero di cui al comma 1 e’ riconosciuto anche nei casi di trasformazione del contratto di lavoro subordinato a tempo determinato in contratto di lavoro a tempo indeterminato successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto ed e’ cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente, nei limiti della contribuzione previdenziale dovuta.
Proroga delle disposizioni in materia di licenziamenti collettivi e
individuali per giustificato motivo oggettivo
- Ai datori di lavoro che non abbiano integralmente fruito dei trattamenti di integrazione salariale riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19 di cui all’articolo 1 ovvero dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali di cui all’articolo 3 del presente decreto resta precluso l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223 e restano altresi’ sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, gia’ impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto di appalto.
- Alle condizioni di cui al comma 1, resta, altresi’, preclusa al datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facolta’ di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e restano altresi’ sospese le procedure in corso di cui all’articolo 7 della medesima legge.
- Le preclusioni e le sospensioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano nelle ipotesi di licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attivita’ dell’impresa, conseguenti alla messa in liquidazione della societa’ senza continuazione, anche parziale, dell’attivita’, nei caso in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni od attivita’ che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’articolo 2112 c.c., ovvero nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente piu’ rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo, a detti lavoratori e’ comunque riconosciuto il trattamento di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22. Sono altresi’ esclusi dal divieto i licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione. Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso.
- Il datore di lavoro che, indipendentemente dal numero dei dipendenti, nell’anno 2020, abbia proceduto al recesso del contratto di lavoro per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604, puo’, in deroga alle previsioni di cui all’articolo 18, comma 10, della legge 20 maggio 1970, n. 300, revocare in ogni tempo il recesso purche’ contestualmente faccia richiesta del trattamento di cassa integrazione salariale, di cui agli articoli da 19 a 22-quinquies del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, a partire dalla data in cui ha efficacia il licenziamento. In tal caso, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuita’, senza oneri ne’ sanzioni per il datore di lavoro.
Roma, lì 03.09.2020
Cordiali saluti